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Il segreto dell'isola di vetro
Capitolo 17
La busta era sottile, consumata dal tempo, ma ancora intatta. Il nome Maddalena spiccava con la sua grafia elegante e slanciata, come un’eco del passato che non voleva essere dimenticata.
Aurora sfiorò la carta con le dita, esitante.
«Vuoi che lo faccia io?» chiese Leonardo, la voce bassa, attenta.
Lei scosse il capo. «No. Deve essere mia la scelta.»
Sfilò con delicatezza il foglio contenuto all’interno. Non era una lettera, come avevano immaginato, ma un documento notarile, una dichiarazione firmata da un notaio dell’epoca. L’inchiostro, in alcuni punti sbiadito, lasciava comunque leggere chiaramente le parole centrali.
Aurora iniziò a leggere a voce alta, scandendo ogni sillaba:
Io sottoscritto, in qualità di notaio e testimone imparziale, dichiaro di aver celebrato, in forma privata e riservata, l’unione tra la signora Maddalena De Medici e il signor Giacomo V., di umile ma irreprensibile servizio presso la sua casata. Il presente atto rimarrà segreto per volere degli sposi, a tutela del buon nome della famiglia e della sicurezza del neonato frutto del loro legame, custodito secondo accordi privati che non posso rivelare in questa sede. Monteriva, 12 ottobre 1485.
Aurora alzò lo sguardo, sconvolta. Leonardo le prese la mano. «È una prova. Erano davvero sposati.»
«E avevano un figlio…» sussurrò lei.
Guardarono entrambi verso la scatola. Dentro, oltre al documento, c’erano anche un ciondolo antico con l’iniziale M, alcune miniature dipinte a mano — una ritraeva Maddalena con un neonato tra le braccia — e una seconda, più sorprendente, in cui Giacomo sorrideva accanto a lei. La somiglianza con Carlo era impressionante.
Leonardo passò un dito sulle immagini. «Adesso capisco. Questo è ciò che Carlo ha sempre cercato di proteggere. Il segreto di un’unione che nessuno avrebbe mai dovuto conoscere… ma che, alla fine, sopravvive nei rami silenziosi della discendenza.»
Aurora annuì, ancora frastornata. «Ma perché tanta paura? Perché tutto questo silenzio?»
«Perché una verità del genere potrebbe riscrivere la storia della famiglia. Del casato. E non tutti lo accetterebbero. Nemmeno oggi.»
Un rumore sopra le loro teste li fece sobbalzare. Passi, poi il suono metallico di un oggetto che cadeva.
Leonardo si mise tra Aurora e la porta. «Aspetta qui.»
«No,» disse lei. «Vengo con te.»
Salirono lentamente le scale, ma quando arrivarono al piano superiore, la casa era vuota. Nessuna finestra aperta, nessuna porta forzata. Solo un lieve spostamento d’aria, come se qualcuno fosse appena uscito.
Marcello era sparito.
Nel tardo pomeriggio, seduti nella biblioteca della villa, Aurora e Leonardo discutevano a bassa voce. La tensione si era trasformata in complicità. Le dita di lei giocavano con il bordo della tazza di tè, mentre Leonardo teneva lo sguardo fisso su una carta tracciata a mano che avevano trovato nella scatola: un disegno schematico, forse la pianta modificata della villa.
«Dobbiamo capire dove porta questo corridoio secondario,» disse lui. «Se è ancora esistente.»
Aurora annuì. «E dobbiamo sapere dove si trova Marcello. Perché non ci ha detto tutto?»
Leonardo esitò. «C’è ancora una cosa che mi disturba…»
«Riccardo,» completò lei.
Leonardo annuì. «È troppo coinvolto. Ha cercato più volte di allontanarci dalla verità. Eppure, non penso voglia solo proteggerla. C’è qualcosa che ancora non ci ha detto.»
In quel momento bussarono alla porta. Era Piero.
«Scusate l’interruzione, ma… c’è una cosa che dovete sapere,» disse l’uomo, con tono grave. «Riccardo è partito questa mattina. Non ha detto dove andava. Ma prima di andarsene, ha lasciato una nota indirizzata a voi.»
Leonardo afferrò il foglio, lo aprì e lesse a voce alta:
Non tutto è come sembra. La mia parte nella storia finisce qui. Ma se volete davvero scoprire chi sta tirando le fila, seguite le tracce lasciate da chi non compare in nessuna fotografia.
Aurora lo guardò, confusa. «Cosa vuol dire?»
Leonardo socchiuse gli occhi. «Che c’è qualcuno che agisce da dietro le quinte. Qualcuno di cui non conosciamo ancora il volto.»
«Ma allora… chi ci sta davvero osservando?» sussurrò Aurora.
Leonardo si alzò in piedi. «È ora di scoprirlo. Una volta per tutte.»
Il corridoio secondario esisteva.
Lo scoprirono quella sera, dopo ore trascorse a studiare la pianta ritrovata nella scatola. Era nascosto dietro una libreria nel corridoio ovest della villa, un’antica struttura in legno che nessuno aveva mai pensato di spostare. Leonardo, con l’aiuto di Aurora, individuò un meccanismo nascosto: un gancio incassato nel battiscopa, da azionare con una pressione decisa.
Un lieve scatto. Un soffio di polvere. E la libreria scivolò in avanti, rivelando un passaggio stretto, buio, foderato di pietra grezza.
Aurora rabbrividì. «Quanto pensi sia lungo?»
Leonardo prese una torcia. «Non lo so. Ma è lì che dobbiamo andare. Se c’è qualcosa che è sempre stato nascosto… è lì dentro.»
Scivolarono dentro uno alla volta. L’aria era stagnante, carica di muffa e umidità. Passarono in silenzio accanto a vecchie porte murate, nicchie cieche, un tavolo dimenticato con una candela secca ancora sul supporto. Tutto era impregnato di segreti.
Dopo diversi metri, il corridoio curvò e sbucò in un piccolo ambiente sotterraneo, circolare. Le pareti, annerite dal tempo, conservavano frammenti di affreschi. Al centro, un antico leggio in ferro battuto sorreggeva un volume chiuso da un laccio di cuoio. Ai piedi del leggio, una scatola di legno scuro, apparentemente recente.
Leonardo si avvicinò al volume, ma fu Aurora ad aprire la scatola. Dentro, con ordine meticoloso, c’erano decine di foto, articoli di giornale, lettere anonime, estratti catastali. E in cima a tutto, un foglio scritto a mano, datato pochi mesi prima.
Lo lesse ad alta voce.
“Le indagini devono restare frammentarie. Nessuno deve poter collegare ciò che accadde nel 1485 con quello che Carlo ha scoperto. Se la verità venisse fuori, nessuno dei discendenti sarebbe al sicuro. Né lui. Né la memoria di Maddalena. Né tantomeno chi ha custodito il segreto per secoli.”
Aurora sgranò gli occhi. «Chi ha scritto questo?»
Leonardo stava per rispondere quando alle loro spalle si sentì un rumore. Si voltarono di scatto, ma era solo il vento che filtrava da una fessura tra le pietre.
Aurora si chinò sulle foto. Una, in particolare, la colpì: ritraeva Carlo, anni prima, accanto a un uomo elegante in giacca chiara. Era Marcello Gatti.
«Allora… erano davvero legati. Ma non solo come notaio e beneficiario. Guardali. C’è un’intesa.»
Leonardo si chinò. «Marcello sapeva tutto. Ma forse non era d’accordo con quello che Carlo stava facendo.»
Aurora sfiorò un’altra fotografia. Ritraeva un documento con un timbro familiare. «Questo è il sigillo del tribunale. È recente.»
Leonardo annuì. «Carlo è sotto controllo giudiziario. Non lo tengono in ospedale solo per curarlo. Lo sorvegliano. Qualcuno — forse Marcello — lo ha denunciato, o… lo ha protetto.»
Aurora si sedette a terra, la mente in tumulto. «Allora Riccardo… potrebbe aver capito tutto questo tempo chi era davvero la minaccia.»
Leonardo non rispose subito. Guardava il leggio, pensieroso.
«O potrebbe aver giocato su due fronti. Aiutando noi per convenienza… ma pronto a coprire chi gli conviene.»
Fu in quel momento che un foglio scivolò dal volume sul leggio. Aurora lo raccolse. Non era antico. Era scritto a penna blu.
“A chi troverà questo luogo: la verità non è un’eredità. È una condanna. Nessuno vince, quando i segreti affiorano. Ma se volete andare fino in fondo, cercate chi ha custodito le chiavi. Non quelle della villa. Quelle della storia.”
Aurora e Leonardo si guardarono. Le chiavi. I custodi.
«Chi ci ha lasciato tutto questo… voleva che lo trovassimo. Ma voleva anche metterci in guardia,» disse Aurora.
Leonardo annuì. «E il custode non è Marcello. O non lo è più. Forse lo era Carlo. O forse… è ancora qualcun altro.»
Uscirono dal passaggio con la sensazione netta di essere osservati. Il crepuscolo li accolse con un silenzio irreale. Nessuno li attendeva nella villa, ma una luce era accesa nello studio.
Si scambiarono un’occhiata.
«Aspettavi qualcuno?» chiese Aurora.
Leonardo scosse la testa. «No.»
Si avvicinarono cautamente. Quando aprirono la porta, lo trovarono.
Riccardo.
Era seduto alla scrivania, con davanti un fascicolo che Aurora riconobbe subito: uno dei dossier appartenuti a Carlo. Ma non disse nulla. Alzò lo sguardo verso di loro e sorrise con lentezza. Uno di quei sorrisi che contengono troppa storia per essere sinceri.
«Abbiamo molto di cui parlare,» disse.
Leonardo lo fissò, gelido. «Sì. A partire da cosa stai cercando di nascondere.»
Riccardo chiuse il fascicolo con calma. «Oppure… da cosa non volete ancora vedere.»
Il silenzio nella stanza era denso, quasi palpabile. Leonardo non si era mosso dalla soglia dello studio, lo sguardo fisso su Riccardo. Aurora invece era entrata, avanzando lentamente verso la scrivania. I suoi occhi erano puntati sul fascicolo che Riccardo aveva appena chiuso.
«Cos’è quello?» chiese, con una voce ferma che cercava di mascherare il turbamento.
Riccardo si appoggiò allo schienale della sedia, le dita intrecciate sul petto. «Un riassunto. O meglio, una mappa. Di tutto quello che abbiamo scoperto… e di ciò che nessuno ha mai voluto rivelare.»
Leonardo si avvicinò, le mani chiuse a pugno. «Come l’hai avuto?»
Riccardo si alzò lentamente. «Da Carlo. L’ho trovato nel suo appartamento, quando l’ho visitato settimane fa. E sì, non ve l’ho detto subito. Perché non ero sicuro di potermi fidare. Non di voi — di ciò che questo contenuto avrebbe provocato.»
Aurora fissava il fascicolo, combattuta tra la voglia di leggerlo tutto d’un fiato e la paura di scoprire qualcosa di irreversibile. «Allora parliamo, Riccardo. Diccelo chiaramente. Cosa sai?»
Riccardo inspirò a fondo. «La relazione tra Maddalena e l’antenato di Carlo non era solo un amore proibito. Era un patto. Un vincolo che univa due mondi destinati a restare separati. Quando lei rimase incinta, fu una catastrofe per entrambe le famiglie. Ma non abortì. Il figlio nacque. Fu affidato di nascosto ai servitori. Da allora, ogni generazione successiva ha cercato di nascondere questa verità… tranne una.»
«Quella di Carlo,» mormorò Leonardo.
«Esatto. Carlo ha trovato le lettere, gli oggetti, i documenti. Ma non l’ha fatto per altruismo. Voleva usarli. Ricattare. O vendere tutto a collezionisti disposti a pagare cifre astronomiche per la storia di una discendenza dimenticata, segnata da sangue e nobiltà.»
Aurora si portò una mano alle labbra. «E Marcello Gatti?»
Riccardo annuì. «Marcello è un custode. I Gatti soni i notai della famiglia De Medici da generazioni. Ha preso in custodia la casa in pietra, ha coperto Carlo, sì, ma non per proteggerlo. Per tenerlo sotto controllo. Per impedirgli di distruggere tutto.»
Leonardo avanzò fino alla scrivania, prendendo il fascicolo e aprendolo lentamente. All’interno, foto della casa in pietra, il tracciato dei corridoi sotterranei, lettere autografe di Maddalena — alcune che neppure loro avevano mai visto.
Aurora le sfiorò con le dita. «E tu, Riccardo? Da che parte stai davvero?»
Riccardo la guardò negli occhi. «Dalla parte della verità. È sempre stata la mia ossessione. Ma adesso capisco che la verità, da sola, non basta. Bisogna sapere quando fermarsi. Quando proteggere ciò che si è scoperto.»
Leonardo lo scrutò, diffidente. «E perché proprio ora vieni a raccontarci tutto questo?»
Riccardo sorrise appena. «Perché avete trovato il passaggio. E perché qualcuno ha ricominciato a muoversi.»
Aurora si irrigidì. «Cosa vuoi dire?»
«Stamattina ho ricevuto una chiamata. Piero è scomparso.»
Il silenzio cadde di nuovo nella stanza, più gelido di prima.
Leonardo si allontanò dalla scrivania, impallidendo. «Ma era nella villa…»
«Fino a ieri sera. Poi più nulla. Le sue stanze sono vuote. I suoi effetti personali sono spariti. Non ha lasciato tracce.»
Aurora si voltò lentamente verso Riccardo. «Tu pensi che sia stato Carlo?»
«Forse. Oppure qualcuno che non vuole che andiamo avanti. Ma una cosa è certa: qualcuno ci osserva da molto vicino. E ha appena fatto la sua prima mossa.»
Leonardo strinse i denti. «Allora è il momento di fare la nostra.»
Aurora annuì. Ma dentro di sé, sentiva che quel gioco non aveva solo tre giocatori. C’era qualcun altro. Un nome che ancora mancava. Un tassello oscuro, vicino alla luce ma mai abbastanza esposto.
E forse, lo avrebbero scoperto solo tornando nella casa di pietra.
L’isola di San Michele era avvolta da una luce grigia e incerta quando Aurora e Leonardo salirono sul promontorio orientale, dove sorgeva la casa in pietra dei Gatti. Riccardo li seguiva a qualche passo di distanza, in silenzio.
Il viaggio verso la casa fu breve e silenzioso. Nessuno parlava, la casa in pietra, ereditata da Marcello Gatti, ma appartenuta un tempo agli antenati di Carlo, era sospesa tra due genealogie intrecciate e una storia rimossa.
Quando arrivarono, la luce del mattino filtrava tra gli alberi che circondavano l’edificio. Leonardo inserì la chiave che Marcello gli aveva consegnato giorni prima. La serratura scricchiolò, poi cedette.
All’interno, la polvere ricopriva ogni superficie, ma tutto era rimasto esattamente come la prima volta che erano stati lì. Nessun segno di effrazione. Nessuna traccia di Piero.
Aurora si guardò intorno, sfiorando i mobili con la punta delle dita. «Questo posto ha un’anima. La senti? È come se ci osservasse.»
Riccardo annuì. «Marcello mi disse una volta che alcune case non dimenticano. Che conservano memoria di ciò che è stato. Specialmente se il passato è stato represso.»
Leonardo si avvicinò al vecchio camino, osservando i bassorilievi scolpiti nella pietra: due iniziali intrecciate, M e G, appena visibili. «Maddalena... e Giacomo?»
Aurora si avvicinò. «O forse… Maddalena e qualcuno che voleva proteggerla. Gatti?»
Riccardo si voltò di scatto. «Vuoi dire che… che Marcello sa qualcosa non solo su Carlo, ma anche su Maddalena?»
Leonardo si voltò lentamente. «E se la famiglia Gatti fosse stata coinvolta fin dall'inizio, come custodi della verità? Magari non solo per la famiglia di Carlo. Magari hanno protetto segreti di entrambe le parti. Nobili e servitori.»
Riccardo annuì con lentezza. «Un doppio vincolo. Due giuramenti. Uno verso chi servivano… e uno verso chi li aveva messi a conoscenza della verità.»
Aurora si era spostata lungo la parete ovest. Una vecchia credenza sembrava più recente del resto della casa. Spostò con cautela una delle ante: all'interno c'era un piccolo vano, nascosto da un pannello di legno leggermente staccato.
Leonardo si avvicinò, aiutandola a rimuovere il pannello.
Dentro, una scatola di metallo, chiusa da una serratura antica.
Riccardo si chinò. «Questo l’ho già visto. Una volta, nello studio di Marcello. Ma lui non ha mai detto cosa contenesse.»
Leonardo forzò con delicatezza la serratura arrugginita. Si aprì.
Dentro, ordinati con cura, c’erano fascicoli rilegati, una pergamena arrotolata con ceralacca e… un ritratto sbiadito.
Era un’immagine in bianco e nero, disegnata probabilmente nei primi del Novecento. Ritraeva un uomo — alto, con occhi profondi — accanto a una giovane donna. Ma ciò che la colpì fu il medaglione al collo della ragazza. Era identico a quello visto nel ritratto di Maddalena.
Leonardo lo notò subito. «È lei… o una sua discendente.»
Riccardo sfiorò la pergamena. «È un testamento.»
Aurora sussurrò: «E se questo fosse il documento che Carlo cercava di recuperare prima dell’incidente? Quello che Marcello non ha mai voluto mostrare?»
Leonardo annuì. «E se contenesse la prova che la linea di sangue non si è mai spezzata? Che qualcuno, oggi, potrebbe rivendicare tutto?»
Riccardo si fece improvvisamente serio. «Allora capite perché Marcello ha sempre esitato. E perché Carlo ha agito alle sue spalle. Se questa verità viene fuori… qualcuno potrebbe perdere molto. Non solo la storia cambierebbe. Ma anche le proprietà. I nomi. I titoli.»
Aurora si voltò lentamente verso Leonardo. «E adesso?»
Leonardo prese la pergamena, la ripose con cura nella scatola. «Adesso torniamo alla villa. E decidiamo insieme chi deve conoscere questa verità… e chi no.»
Mentre uscivano dalla casa in pietra, Aurora si voltò per un ultimo sguardo.
Per un attimo, tra i vetri polverosi della finestra al piano superiore, le parve di intravedere un volto. Ma quando tornò a guardare, non c’era più nulla.
Solo la sensazione, forte e nitida, che qualcuno li stesse ancora osservando.