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Il segreto dell'isola di vetro

Capitolo 15

La villa era immersa in un silenzio irreale, interrotto solo dal lontano sciabordio del mare contro gli scogli. L’aria del mattino era frizzante, portava con sé un sentore di salsedine e di terra umida. Aurora si affacciò al terrazzo che dava sul giardino orientale, avvolta in uno scialle leggero, mentre una brezza sottile le agitava i capelli.

Sotto di lei, Leonardo era già in giardino. Aveva tolto la giacca e arrotolato le maniche della camicia, intento a osservare un punto preciso della siepe che circondava la proprietà. Sembrava pensieroso, quasi inquieto.

Aurora lo raggiunse pochi minuti dopo, e insieme percorsero il sentiero di ghiaia che portava verso la piccola cappella di famiglia. Non parlavano, ma il loro silenzio era complice, denso di ciò che avevano vissuto nei giorni precedenti: l’apparizione di Maddalena, il mistero che si stringeva intorno a loro, e quell’attrazione crescente che li avvicinava sempre più.

Ma quel fragile equilibrio venne interrotto quando, nel pomeriggio, Riccardo fece la sua comparsa.

Apparve sulla soglia del salone con una disinvoltura che suonava quasi stonata. Portava una camicia di lino chiara e un sorriso più affilato del solito. Trovò Aurora sola, intenta a leggere degli appunti presi la sera prima. Le parole di Piero le ronzavano in testa: Non tutti qui dentro sono chi sembrano. E soprattutto: Carlo aveva scoperto qualcosa. Qualcosa di molto brutto.

«Mi chiedevo se avessi voglia di una passeggiata lungo la costa,» disse, avvicinandosi. «C’è un sentiero che porta a una piccola insenatura. Pochi la conoscono.»

Aurora sollevò lo sguardo, sorpresa. «Preferisco restare qui, grazie.»

Riccardo non si scompose. Si sedette accanto a lei, forse troppo vicino. «Sai, ho pensato spesso a quel momento, nel salone…» disse, riferendosi chiaramente al giorno in cui le aveva preso la mano. «Credo che tu abbia frainteso.»

Aurora chiuse il quaderno con calma e si alzò in piedi. «No, Riccardo. Ho capito perfettamente.»

Lui la seguì con lo sguardo, e per un istante la sua espressione cambiò, come se qualcosa gli si fosse incrinato dentro. Ma poi, in piedi anche lui, afferrò con gentilezza il suo braccio. «Aurora, io—»

«Ti prego, non continuare.» La voce di Aurora era ferma, senza esitazione. «Non sono qui per questo. E tu lo sai.»

Un rumore li interruppe. Leonardo era sulla soglia del salone. Non aveva parlato, ma il modo in cui guardava Riccardo diceva tutto.

«Cercavo Aurora,» disse, calmo, ma gli occhi erano duri. «Abbiamo trovato qualcosa nel vecchio studio.»

Riccardo la lasciò andare.

Aurora seguì Leonardo fuori, e solo quando furono lontani, lui si fermò. «Va tutto bene?» chiese, con voce più morbida.

Aurora annuì, ma poi lo guardò. «Hai sentito?»

«Abbastanza.»

«Stavo ripensando alle parole di Piero.» disse Aurora, sviando il discorso e le sensazioni a cui non aveva voglia di pensare.

«E tu ci credi?» chiese Leonardo, incrociando le braccia.

«Sì,» rispose lei con fermezza. «Carlo ci nascondeva qualcosa. E secondo Piero, non era solo. C’è dell’altro. Forse qualcuno lo controllava… o lo ricattava.»

Leonardo fece un cenno lento con il capo. «E se fosse Marcello?»

Aurora lo fissò. «Marcello?»

«Ricordi quando hai visto quei fascicoli nell'archivio? Alcuni portavano il timbro di un notaio: Marcello Gatti. Ho fatto delle ricerche. E' lo zio di Carlo.»

Aurora sgranò gli occhi. «Quindi è di famiglia?»

«Sì. E pare che Marcello fosse stato coinvolto, anni fa, in una causa legata a un'eredità mai riconosciuta. Un testamento scomparso… legato proprio alla famiglia di Maddalena, alla mia famiglia.»

Aurora inspirò a fondo. «Vuoi dire che la famiglia di Carlo… o meglio, di Marcello, potrebbe aver cercato per anni di mettere le mani su qualcosa che apparteneva alla vostra famiglia?»

«O di nascondere una verità che avrebbe cambiato tutto. Forse Maddalena non fu solo separata dal suo amante. Forse gli fu tolto qualcosa… una terra, un titolo, o il diritto di essere riconosciuto.»

«E se Carlo fosse stato messo a tacere per averlo scoperto?»

Leonardo si avvicinò e le prese le mani. 

Aurora alzò lo sguardo. Leonardo era accanto a lei, il volto sfiorato da una lama di luce che filtrava dal verde. Nei suoi occhi c’era una quiete nuova, eppure inquieta, come se dietro quella calma si agitasse un mare profondo. Lei inspirò piano, cercando di restare ancorata alla razionalità. Ma in quel momento, con tutto ciò che stavano scoprendo, con la tensione che le stringeva il petto da giorni, era come se la presenza di Leonardo fosse l’unico appiglio solido rimasto.

«Ci sei sempre quando ho più bisogno,» mormorò, senza nemmeno pensarci.

Leonardo sorrise appena. «È che ho imparato a leggerti negli occhi. Prima ancora che tu dica qualcosa.»

Aurora abbassò lo sguardo, sentendo un calore improvviso salirle alle guance. «Non sono mai stata brava a nascondere le emozioni.»

«Per fortuna,» disse lui. Poi si avvicinò ancora, con un gesto lento, quasi timoroso. «Mi fai entrare, Aurora?»

Lei lo guardò, interdetta. «Entrare dove?»

«Nel tuo mondo. Nei tuoi silenzi. In tutto quello che tieni nascosto perché hai imparato a difenderti.»

Quelle parole le scivolarono addosso come una carezza. Non c’era forzatura, né aspettativa. Solo la verità di qualcuno che era lì, disposto ad aspettare.

Aurora non rispose. Ma fece un passo verso di lui.

Leonardo sollevò una mano, le dita sfiorarono una ciocca dei suoi capelli, l’arrotolarono con delicatezza. «Sei stanca, vero?»

Lei annuì, appena.

Fu allora che lui la baciò. Non con impeto, non con urgenza. Ma con la profondità di chi riconosce una ferita e le promette che resterà, finché guarirà. Aurora gli rispose con lo stesso linguaggio: le braccia intorno al collo, il corpo che finalmente cedeva, non alla debolezza, ma alla fiducia.

Quando si staccarono, rimasero a pochi centimetri, le fronti quasi a sfiorarsi. Aurora chiuse gli occhi. «Non so dove ci porterà tutto questo.»

«Non importa,» sussurrò lui. «Ci arriveremo insieme.»

Si avviarono, mano nella mano, alla cappella, dove Leonardo le indicò una porzione del muro esterno. «Qui sotto, la terra è stata smossa di recente. Qualcuno ha scavato. Forse cercava qualcosa… o nascondeva qualcosa.»

Aurora si chinò. Il terreno era effettivamente più morbido. Ma non era tutto. Nascosto tra le radici di un cespuglio, Leonardo trovò un piccolo pezzo di stoffa intriso di sangue secco. Lo mostrò ad Aurora in silenzio.

Lei si sentì gelare.

«Non è recente,» mormorò Leonardo. «Ma qualcuno lo ha lasciato qui di proposito. E guarda questo…» le porse un oggetto: un bottone annerito, con incisa una piccola iniziale, C.

Aurora lo fissò. «Carlo…»

Leonardo annuì. «Oppure qualcuno vuole farci credere che sia stato lui. Ma una cosa è certa: ci stanno osservando. E vogliono guidarci da qualche parte.»

In quel momento il sole, che fino ad allora era rimasto spesso coperto, si affacciò tra le nubi. I raggi attraversarono i vetri colorati della cappella, proiettando riflessi dorati sulle pietre.

Aurora alzò lo sguardo. Leonardo era accanto a lei, il volto illuminato dalla luce.

Dalla direzione del sentiero, un’ombra si stagliò brevemente tra gli alberi. Aurora si voltò di scatto.

Nessuno.

Solo il suono del vento tra i rami.

Leonardo strinse la mascella. «Meglio tornare alla villa.»

La mattina seguente, la brezza che proveniva dal mare portava con sé l’odore salmastro e lontano delle alghe, accarezzando gli alberi attorno alla villa con un sussurro sommesso. Aurora se ne stava sul terrazzo, appoggiata alla ringhiera di ferro battuto, mentre il sole si alzava pigro oltre la linea dell’orizzonte.

Dietro di lei, i passi leggeri di Leonardo la raggiunsero. Non disse nulla subito. Si limitò a osservarla per qualche secondo, quasi a voler imprimere nella memoria quel momento fragile e silenzioso.

«Hai dormito poco anche stanotte,» mormorò infine, accostandosi.

Aurora accennò un sorriso, ma non distolse lo sguardo dal mare. «Non riesco a togliermi dalla testa le parole di Maddalena. “La verità è nascosta dietro il sangue”… E se non si riferisse solo al passato?»

Leonardo si irrigidì leggermente. «Pensi che qualcuno stia cercando di ricostruire qualcosa? Una vendetta? Una punizione per ciò che è stato?»

Aurora si voltò verso di lui. «O forse… per ciò che sta per accadere.»

Un fruscio tra i cespugli del giardino attirò la loro attenzione. Leonardo si voltò di scatto, pronto a intervenire, ma fu solo uno degli inservienti con un vassoio di fiori raccolti all’alba. La tensione nell’aria non si dissolveva.

Quando rientrarono nella villa, trovarono Riccardo in biblioteca. La cartina dell’isola era aperta sul tavolo, accanto ad alcune lettere ingiallite. La sua espressione era concentrata, ma appena si accorse della loro presenza, richiuse bruscamente tutto.

«Cos’è quella mappa?» chiese Leonardo, avvicinandosi.

«Nulla che vi riguardi,» rispose Riccardo, forse un po’ troppo in fretta.

Aurora incrociò le braccia. «Stai cercando qualcosa. Oppure qualcuno?»

Riccardo le rivolse uno sguardo teso. «Non potete capire.»

«Allora aiutaci a capire,» disse Leonardo. «Perché sei venuto davvero sull’isola? Non per il quadro, e neanche per noi.»

Ci fu un lungo silenzio. Riccardo abbassò lo sguardo, ma solo per un istante. Poi si passò una mano tra i capelli, come per scacciare un pensiero scomodo.

«Carlo non ha agito da solo,» disse infine. «Ma non so chi lo stia aiutando. Lui… lui mi ha lasciato intendere qualcosa, prima della caduta. Parlava di una promessa, di un legame che non andava spezzato. Di una vendetta.»

Aurora si sentì gelare. «E tu cosa c’entri, Riccardo?»

Riccardo esitò. «Non volevo che voi lo sapeste. Ma mio nonno ha servito in questa villa. Era amico del nonno di Carlo. E anch’io… sono cresciuto con certe storie. Storie che parlavano di una maledizione legata al quadro. Di una verità che doveva restare sepolta.»

Leonardo strinse i pugni. «E hai pensato bene di venire qui e metterti in mezzo?»

«Ho pensato di volerne sapere di più e, quando ho conosciuto Aurora e visto come stavano andando le cose, ho creduto che qualcuno dovesse proteggerla!» sbottò Riccardo, guardando Aurora. «Non sai cosa potrebbe accaderti se scavassi ancora.»

«Non ho bisogno di un protettore, Riccardo,» rispose lei, la voce ferma. «E se davvero volessi aiutarmi, allora smettila di tenerci all’oscuro.»

Riccardo abbassò lo sguardo, ammutolito.

Leonardo si avvicinò ad Aurora e le posò una mano sulla schiena, un gesto di silenziosa complicità. Poi si rivolse all’uomo. «Forse è ora che Carlo ci parli direttamente. Andrò in ospedale. Anche se è sotto controllo, ho abbastanza conoscenze per farmi lasciare entrare.»

Aurora annuì. «Vengo con te.»

Il giorno seguente, Aurora e Leonardo lasciarono l’isola per una visita tanto imprevista quanto necessaria.

L’ospedale che accoglieva Carlo si trovava sulla terraferma. Il viaggio fu silenzioso. Entrambi sapevano che non avrebbero avuto un’altra occasione simile. Da settimane, Carlo era sorvegliato dalle autorità: tecnicamente non era in arresto, ma veniva mantenuto sotto controllo giudiziario in seguito alle indagini aperte dopo la sua misteriosa caduta dalla scogliera.

I sospetti di Leonardo sul maggiordomo erano sempre più pressanti. Troppe coincidenze, troppi silenzi. Il suo legame con Riccardo, le sparizioni, la relazione nascosta tra Maddalena e un servo della villa—antenato dello stesso Carlo—erano solo alcuni dei fili che si intrecciavano attorno alla sua figura.

La stanza in cui lo trovarono era semplice, impersonale. Carlo era seduto su una poltrona accanto alla finestra, una coperta sulle ginocchia, lo sguardo perso oltre i vetri. Quando li vide entrare, non trasalì. Si limitò ad alzare lentamente gli occhi, come se li aspettasse.

Leonardo parlò per primo. «Ci hai nascosto troppe cose, Carlo. È ora che tu dica la verità.»

Aurora restò un passo indietro, attenta a ogni dettaglio. Carlo la guardò, poi tornò su Leonardo.

«Pensate che io sia il burattinaio di tutto questo? Vi sbagliate,» disse con voce stanca, ma ancora fiera. «Ho cercato di proteggere qualcosa. Qualcuno.»

«Chi?» domandò Aurora, accostandosi finalmente. «Chi stavi proteggendo?»

Carlo sorrise, ma era un sorriso amaro. «La memoria della mia famiglia, di mio bisnonno. Del suo bisnonno prima di lui . L’unico amore che abbia mai conosciuto fu calpestato, umiliato. Maddalena lo amava, e la sua famiglia lo ha fatto sparire. Nessuno doveva saperlo. Nessuno.»

«E per questo hai fatto il doppio gioco con Riccardo?» incalzò Leonardo. «Ti sei lasciato usare?»

Carlo fece una smorfia. «Riccardo voleva usare me. Ma io non ho mai detto tutto. E non è lui il peggio. Ce n’è un altro. Uno che non si mostra mai.»

Aurora si irrigidì. «Chi?»

Il silenzio calò nella stanza come una coltre. Carlo sembrò esitare, poi guardò verso la porta, come se temesse che anche lì qualcuno stesse ascoltando.

«Cercate Marcello Gatti,» disse infine, quasi sussurrando. «È il notaio dietro ogni passaggio di proprietà sospetto, dietro ogni nome falso.»

«Marcello… » ripeté Leonardo.

Carlo annuì lentamente. «Non si è mai mosso. È sempre rimasto nell’ombra. Ed è lì che agisce. Finché lui sarà libero… nessuno sarà davvero al sicuro.»

Aurora e Leonardo si scambiarono uno sguardo muto, consapevoli che quel nome, fino ad allora solo un’ombra tra i documenti e le parole, stava finalmente prendendo forma. E che la partita, quella vera, era appena cominciata.