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Il segreto dell'isola di vetro

Capitolo 16

Aurora non riusciva a togliersi dalla testa l’espressione di Carlo. Quell’incontro, breve ma intenso, aveva lasciato in lei un turbamento profondo. Non era solo ciò che aveva detto — o piuttosto, ciò che aveva evitato di dire — ma quel silenzio teso, quasi colpevole. Sembrava che stesse nascondendo qualcosa di ben più grave di quanto volesse ammettere.

Leonardo sedeva accanto a lei nello studio, la luce calda delle lampade che tagliava le ombre della sera. Avevano ricominciato a esaminare le carte della soffitta: appunti, lettere, documenti legati alla famiglia. Tutto sembrava condurre a un’unica direzione, ma ogni volta che si avvicinavano alla verità, qualcosa sfuggiva, si spostava appena oltre la soglia della comprensione.

Aurora sfiorò con le dita una vecchia cartolina ingiallita. Sul retro, una firma: Marcello Gatti.

«Ricordi quando hai visto quei fascicoli nell'archivio?» sussurrò Leonardo. «Alcuni portavano il timbro di un notaio: Marcello Gatti.»

Aurora annuì, concentrata. «Abbiamo già detto che non può essere una coincidenza.»

Leonardo si alzò e cominciò a camminare per la stanza. «E se fosse lui… a tirare le fila da dietro le quinte? Se Carlo fosse stato solo un mezzo, un tramite?»

«Ecco perché è ancora sotto controllo. Non solo per l’incidente, ma perché sanno che è coinvolto. Che sa troppo. Ma lui stesso teme qualcosa — o qualcuno.»

Si voltò verso Leonardo, lo sguardo teso. «E se Marcello fosse vivo? E se fosse ancora qui, sull’isola?»

Leonardo restò in silenzio per qualche secondo. Poi si chinò su di lei, abbassando la voce. «Dobbiamo scoprirlo. Ma stavolta, senza correre rischi. Aurora, questa faccenda è più grande di quanto pensassimo. Se Carlo ha taciuto per paura, ci dev’essere un motivo serio.»

«Piero ha detto che Carlo aveva scoperto qualcosa di molto brutto prima di cadere dalla scogliera,» mormorò Aurora. «E non voleva parlarne.»

Leonardo si sedette accanto a lei. «Piero è una persona leale. Se ha deciso di dircelo ora, vuol dire che sente che il tempo stringe.»

Aurora inspirò profondamente. «Dobbiamo sapere chi è Marcello. Dove si trova. E perché non vuole che venga a galla la verità su Maddalena e quell’uomo del passato.»

Il mattino seguente, il cielo sull’isola di San Michele era coperto da una cappa grigia, e un vento teso agitava i cipressi oltre il cancello della villa. Aurora e Leonardo avevano dormito poco. Troppe domande, troppi indizi ancora disordinati nella mente. Ma una certezza ormai era emersa con chiarezza: se volevano arrivare in fondo, dovevano trovare Marcello Gatti.

Nascosto tra le vecchie carte della biblioteca, Leonardo aveva rinvenuto un fascicolo intestato a una proprietà secondaria dei Gatti, situata non lontano dalla costa, sul promontorio orientale dell’isola. Era una casa di pietra, un tempo appartenuta al bisnonno di Carlo, poi passata a Marcello per via ereditaria. Dunque i due erano, in qualche modo, legati l'uno all'altro. Nessuno, da anni, la nominava più. Come se fosse stata cancellata dal tempo.

«Questa è la nostra prossima tappa,» disse Leonardo, mostrandole la mappa ingiallita. «Se Marcello si nasconde da qualche parte, potrebbe essere lì.»

Aurora annuì. «Andiamo. Ma con cautela. Non possiamo sapere chi potremmo trovare.»

La strada verso la proprietà era stretta, quasi interamente inghiottita dalla vegetazione. I sentieri scoscesi, il rumore lontano del mare, e un silenzio teso, innaturale. Quando arrivarono, la casa apparve all’improvviso: abbandonata in apparenza, ma con le imposte chiuse dall’interno e tracce fresche sul terreno umido. Qualcuno c’era stato. Di recente.

Leonardo si avvicinò alla porta. Era chiusa, ma non serrata. Un giro lento della maniglia, un respiro trattenuto, e la porta si aprì con un cigolio sommesso.

All’interno, l’aria sapeva di polvere e di umido, ma anche di caffè. Appena fatto.

Aurora fece per parlare, ma una voce li precedette.

«Non pensavo aveste il coraggio di venire fin qui.»

Era Marcello Gatti. Più vecchio di quanto Aurora pensasse, il volto scavato, la barba lunga. Indossava abiti semplici, ma curati. E negli occhi, nessuna sorpresa. Solo stanchezza.

Leonardo si irrigidì. «Sapeva che l’avremmo cercata.»

Marcello annuì. «Carlo mi ha parlato. Finché ha potuto. Dopo… non poteva più. Né voleva.»

«Perché?» chiese Aurora, la voce più ferma di quanto si aspettasse. «Perché tutto questo silenzio, tutta questa paura? Cosa nasconde la sua famiglia da così tanti anni?»

Marcello li guardò a lungo. Poi si sedette sulla sedia accanto al camino spento. «Ci sono storie che non si vogliono raccontare perché mettono in discussione chi siamo. Maddalena non era solo un nome nobile inciso su una lapide. Lei ha cambiato tutto. E il mio antenato... era parte di quella storia. Ma fu cancellato. Umiliato. Condannato.»

«Erano innamorati,» disse Aurora. «E qualcuno decise che non potevano esserlo.»

Marcello abbassò lo sguardo. «Più di qualcuno. L’intera famiglia. La verità è stata sepolta per decenni. E ora che voi l’avete trovata, c’è chi ha paura che venga fuori. Paura di perdere privilegi. Potere. Memorie costruite sulla menzogna.»

Leonardo lo fissava. «Lei ha cercato di fermarci?»

Marcello scosse la testa. «No. Io ho solo cercato di evitare che Carlo si facesse del male. Ma era troppo coinvolto. Troppo legato a quel dolore ereditato. Carlo… non ha fatto tutto da solo. E nemmeno io.»

Aurora si irrigidì. «C’è qualcun altro?»

Marcello alzò lo sguardo. Per la prima volta, nei suoi occhi comparve un’ombra di paura.

«Sì. C’è qualcuno che ha fatto della verità una merce. Qualcuno che vi sta osservando. E che non si fermerà.»

Marcello Gatti sedeva con le mani giunte, lo sguardo basso, come se il peso del passato gli gravasse sulle spalle. Tra le pareti in pietra, il ticchettio dell'orologio scandiva il tempo con una precisione quasi crudele.

Aurora era in piedi, tesa. Leonardo, invece, lo fissava con uno sguardo che conteneva insieme rabbia, diffidenza e una punta di disillusione.

«Hai protetto Carlo,» disse Leonardo, con voce ferma. «Lo hai aiutato a nascondere informazioni. Hai firmato atti falsi. Voglio sapere perché.»

Marcello sollevò lentamente gli occhi. «Non sono suo parente, se è questo che vi tormenta. Ma non è una bugia del tutto priva di fondamento. C’è un legame, anche se non di sangue.»

«Quale legame?» chiese Aurora, con un tono più aspro del previsto.

Il notaio si sistemò gli occhiali sul naso e parlò con voce bassa. «La mia famiglia — i Gatti — è stata, per generazioni, al servizio della vostra, Leonardo. Notaio di fiducia, custode dei segreti. Come i miei, anche gli antenati di Carlo servivano in casa vostra, ma come domestici, maggiordomi, custodi silenziosi dell’ombra. Vivevano nelle stanze basse, conoscevano ogni passaggio, ogni silenzio.»

Fece una pausa, come per assicurarsi che stessero ascoltando davvero. Poi proseguì: «La casa in pietra che avete trovato non è frutto di un abuso o di un furto. Fu donata, in forma privata, dalla famiglia di Maddalena alla famiglia di Carlo. Un gesto di riconoscenza… o forse qualcosa di più.»

«La relazione di Maddalena?» sussurrò Aurora.

Marcello annuì. «È probabile. Ma nessuno l’ha mai ammesso apertamente. Quello che conta è che, negli anni, la famiglia di Carlo ha custodito quel luogo. Quando l’ultimo discendente diretto — suo padre — morì, mi lasciò precise disposizioni testamentarie. Carlo era giovane, fragile, ossessionato dal passato. Non era pronto.»

Leonardo lo interruppe: «E quindi ti sei intestato la casa?»

«Temporaneamente. Come erede fiduciario. Dovevo conservarla fino a quando fossi stato certo che Carlo fosse pronto. Ma poi… le cose sono cambiate. Carlo ha cominciato a fare domande. Ha iniziato a rovistare nei fascicoli antichi, a cercare legami, verità che non sempre era pronto ad accettare. Ho temuto che scoprisse più di quanto potesse gestire.»

Aurora si avvicinò di un passo. «Più di cosa, Marcello? Che la sua famiglia è stata tenuta nell’ombra per generazioni? Che qualcuno ha voluto cancellare il ricordo di un amore scomodo? O che c’è ancora qualcosa in questa casa che potrebbe rovesciare tutto ciò che sappiamo?»

Marcello la guardò con occhi lucidi. «Tutto questo, signorina. E forse anche di più. Carlo è stato in bilico tra il voler sapere e il voler dimenticare. Io... ho cercato di proteggerlo.»

Leonardo si passò una mano tra i capelli. «Proteggerlo da cosa?»

Marcello si alzò in piedi. «In questa casa c'è una stanza nascosta. E dentro... ci sono lettere. Confessioni.»

Aurora e Leonardo si guardarono. Il tempo dei dubbi era finito.

Marcello sospirò. «Vi ci porterò io. Incontriamoci domani, si è fatto tardi.»

L’aria sull’isola era diversa, quella mattina. Più tesa. Come se tutto ciò che era rimasto sepolto per anni stesse per tornare alla luce.

Leonardo parcheggiò l’auto lungo il vialetto sterrato che conduceva alla casa in pietra. Il muschio cresceva sulle pietre del muretto basso, le erbacce invadevano i bordi del sentiero. Accanto a lui, Aurora scese in silenzio. Il vento le scompigliava i capelli, ma lei sembrava non farci caso. Gli occhi erano fissi sull’ingresso della vecchia abitazione.

Marcello Gatti li precedeva di qualche passo, con la sua andatura prudente e il bastone che ticchettava appena sul selciato. Sembrava più anziano del solito, come se il peso di ciò che stava per rivelare lo consumasse da dentro.

«Ci siamo,» mormorò quando arrivarono davanti alla porta.

Stava cercando la chiave tra le carte della giacca quando una voce, alle loro spalle, li fece voltare.

«State commettendo un errore.»

Riccardo.

Stava lì, fermo sul sentiero, le mani in tasca e l’aria meno controllata del solito. Lo sguardo era fisso su Marcello, poi su Leonardo.

«Non è il momento di fingere ancora,» disse Leonardo, facendo un passo verso di lui. «Cos’è che non vuoi farci trovare?»

Riccardo socchiuse gli occhi. «E voi cos’è che volete davvero scoprire? Pensate che rovistare tra vecchie carte cambierà quello che è successo? Che darà senso a tutto questo?»

«Se c’è qualcosa che Carlo stava cercando di nascondere, è giusto che venga fuori,» rispose Aurora, avanzando con decisione.

Riccardo la guardò, e qualcosa cambiò nei suoi occhi. Un’incrinatura. Una frattura nel suo solito tono sicuro.

«Carlo ha già pagato abbastanza,» disse, la voce più bassa. «Tutti noi abbiamo pagato.»

Leonardo si avvicinò a lui. «Ti sei mai chiesto perché ti sei sempre trovato nel posto sbagliato al momento giusto, Riccardo? Chi ti ha mandato qui?»

Riccardo abbassò lo sguardo. Non rispose. Dopo un istante, si voltò e se ne andò.

Marcello sospirò. «Sapevo che avrebbe cercato di fermarci. Ma non può più farlo.»

Tirò fuori una chiave sottile e la infilò nella serratura. La porta si aprì con un cigolio lungo e profondo.

L’interno della casa era buio, l’aria densa di polvere e passato. Camminarono tra le stanze fino a un piccolo ripostiglio, chiuso da un pannello ligneo che sembrava parte della parete.

Marcello si chinò, sollevò una lastra di pietra all’angolo del pavimento, e inserì un secondo piccolo meccanismo.

Il pannello si aprì lentamente, rivelando una scala stretta che scendeva nel buio.

Aurora trattenne il fiato.

«Qui sotto,» disse Marcello, «c’è ciò che Carlo non voleva che nessuno vedesse. E che io non potevo più tenere nascosto.»

Leonardo prese una torcia e fece un cenno ad Aurora. «Andiamo.»

Scelsero di scendere insieme, uno accanto all’altra, mentre Marcello rimaneva in alto, a guardarli scomparire nel cuore della casa.

In fondo alla scala c’era una stanza angusta, con pareti di pietra grezza e un vecchio scrittoio. Sopra, pile di lettere, un diario rilegato in pelle, e una scatola di legno intagliato.

Aurora si avvicinò. Leonardo le mise una mano sulla spalla. «Sei pronta?»

Lei annuì.

Quando aprirono la scatola, una busta sigillata recava un nome scritto a mano, con inchiostro ormai sbiadito: "Maddalena."