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La magia di Babbo Natale
Parte prima
Quell’anno il sindaco di Lumia era davvero soddisfatto della nuova illuminazione del suo amato paese. Le luci brillavano sulle case, riflettevano sui tetti imbiancati di neve e facevano sembrare le stradine un piccolo universo incantato. Babbo Natale, questa volta, non si sarebbe perso come l’anno precedente in mezzo ai boschi.
Sì, perché l’anno prima era stato un vero disastro. La slitta con i doni dei bambini si era dispersa, sommersa dalla neve alta e nascosta tra gli innumerevoli alberi che circondavano il paesino. La renna Rudolph aveva fatto del suo meglio: il suo bel naso rosso luminoso illuminava il cielo, ma non era stato sufficiente per guidare Babbo Natale nella bufera. Il GPS era andato in tilt e i regali erano sparsi in ogni dove, tra i cumuli di neve fresca.
Era stata Sabrina, la figlia più piccola del fornaio, a dare l’allarme per prima. Nonostante i suoi appena otto anni, sapeva bene che Babbo Natale non sarebbe mai arrivato in ritardo e, la notte di Natale, rimaneva sempre sveglia ad aspettare la slitta. Quella sera, infatti, aveva preparato con cura latte caldo e biscotti per Babbo Natale e carote per le renne. Aveva riordinato il salotto, dove un grande albero scintillante era stato addobbato con palline colorate e luci tremolanti, creando più spazio in previsione dei regali che sicuramente sarebbero arrivati.
Sabrina era stata brava tutto l’anno: aveva studiato con impegno, era gentile con i compagni e con gli anziani del paese, e aiutava il papà con le consegne del pane quando non andava a scuola. Con la mamma, invece, era sempre un po’ più difficile: per quanto si sforzasse, le sembrava di non essere mai abbastanza brava.
«Non ti preoccupare,» la tranquillizzava sempre la mamma. «Sei ancora piccola e non fai caso a certe cose. Col tempo imparerai a capire meglio chi ti sta intorno.»
Marta, la mamma di Sabrina, aveva un cuore grande. Ogni sera passava dal forno del marito per vedere se fosse avanzato qualcosa da donare alle persone bisognose del paese. Fortunatamente non erano molte, ma la mamma preparava sempre qualche pasto in più, confezionandolo con cura e scrivendo su ogni pacchetto cosa conteneva.
La vigilia di Natale, Sabrina e la mamma avevano fatto il giro per consegnare le vivande. Quella volta, però, c’era qualcosa di speciale: Marta aveva aggiunto qualche sorpresa in più per rendere il pranzo del giorno successivo indimenticabile per i bambini del paese. Il giro era durato più del solito e, al loro ritorno, erano già passate diverse ore dopo l’orario di chiusura del forno.
Una volta a casa, Sabrina aveva preparato tutto in fretta: latte e biscotti, carote per le renne, riordinato il salotto. Le ore scorrevano velocemente e, quando finalmente ebbe finito, l’orologio segnava già qualche minuto dopo la mezzanotte.
La bambina guardò fuori dalla finestra, sperando di vedere la slitta di Babbo Natale, ma fuori c’era solo vento e neve.
Il papà, Carlo, era seduto sulla poltrona in camera, immerso nella lettura del quotidiano comprato quella mattina, che non aveva ancora avuto il tempo di sfogliare. Sapeva che una bambina di otto anni sarebbe dovuta già essere a letto, ma quella era una notte speciale e con Marta avevano deciso di chiudere un occhio.
«Papà,» disse improvvisamente Sabrina, raggiungendo la poltrona, «Babbo Natale riesce sempre a portarmi tanti regali! Anche se lo aspetto sveglia, lui mette sempre i doni sotto l’albero, beve il latte, mangia i biscotti e si porta via le carote che preparo per le renne. Io però non lo vedo mai! È proprio magico, eh?»
Carlo sorrise, ricordando che anche lui aveva fatto la stessa domanda ai suoi genitori quando era piccolo.
«Il nonno un giorno mi disse che la magia più grande di Babbo Natale è quella di poter fermare il tempo,» spiegò Carlo alla figlia.
Sabrina lo guardò con occhi grandi e curiosi. «Cosa vuol dire, papà?»
«Significa che Babbo Natale ferma tutti gli orologi per riuscire a consegnare i doni. Le nostre vite si fermano insieme a quegli orologi e riprendono solo quando lui ha finito il suo lavoro. Per questo non riusciamo mai a incontrarlo: il tempo che lui usa per consegnare i regali è un tempo speciale, che non passa per noi.»
La bambina rimase perplessa. «Allora il tempo non passa, papà?»
«Mettiamola così,» continuò Carlo. «È come se in un solo secondo Babbo Natale dovesse consegnare i regali a tutti i bambini del mondo, bere e mangiare tutto quello che gli viene offerto e dar da mangiare alle renne. Per fare tutto questo in un secondo, il povero Babbo Natale dovrebbe andare talmente veloce che non saprebbe davvero come fare. Allora ferma tutti e tutto fino a quando non ha finito. L’acqua dei fiumi non scorre, il vento non soffia, la pioggia non cade e gli uccellini restano sospesi, immobili.»
«E noi, papà? Noi cosa facciamo?» insistette Sabrina, visibilmente affascinata.
«Nulla!» intervenne Marta, appena entrata in camera. «Noi restiamo immobili, senza rendercene conto. Lo capiamo solo dopo, quando troviamo i regali sotto l’albero e il piatto dei biscotti vuoto. Per questo più nessuno lo aspetta sveglio… solo tu!»
Marta si accucciò davanti a Sabrina e le toccò affettuosamente il naso con la punta del dito indice.
«E come fa ad entrare in casa Babbo Natale, mamma?» continuò la bambina.
«Ha una chiave magica,» rispose Marta, «che funziona solo la notte di Natale e apre tutte le porte delle case dove ci sono bambini che aspettano i doni.»
Sabrina ci pensò un attimo. «E quei bambini poveri, lontani da qui, di cui ogni tanto mi parli? Anche a loro Babbo Natale porta i regali?»
«Ad alcuni sì,» spiegò Marta, «ma per molti Babbo Natale ha pensato a un dono speciale: tante persone dal cuore grande che si occupano di far arrivare loro cose utili, non solo a Natale, ma tutto l’anno.»
Sabrina si sentì sollevata. La magia di Babbo Natale era ancora più grande di quanto avesse immaginato: non era solo una questione di regali, ma di cuori gentili che rendevano felici altri bambini.