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La marea del silenzio
Capitolo 16
Il passo dell’uomo risuonava regolare sulle assi bagnate del molo, eppure né Elisa né Matteo riuscivano a staccargli gli occhi di dosso. Camminava davanti a loro con sicurezza, come se conoscesse ogni piega del porto, ogni corda dimenticata, ogni porta nascosta tra i magazzini.
«Dove ci stai portando?» chiese Elisa, tenendo la voce bassa.
L’uomo non si voltò subito. Solo quando raggiunse un capanno di lamiera, illuminato da una lampadina gialla che tremolava, si fermò. Allora si tolse il cappello consumato, lasciando intravedere il volto segnato dal sale e dal sole.
«Mi chiamo Guido Sorrentino» disse. «Ci siamo già incontrati.»
Elisa lo fissò: il nome le scattò in mente come una memoria rimossa. «Tu… sei il pescatore che ha trovato Edoardo Vernazza sulla spiaggia.»
Sorrentino annuì lentamente. «Era una mattina come tante, e da allora la mia vita non è stata più la stessa. Ho cercato di dimenticare… ma certe cose non si dimenticano. E altre… non si possono tenere per sé.»
Matteo fece un passo avanti, incalzante: «Che cosa sai? Perché ci hai seguiti fino qui?»
Sorrentino abbassò lo sguardo, le mani ruvide strette tra loro. «Non sono dalla parte di chi vi vuole morti. Questo lo dovete credere. Ma al porto succedono cose che nessuno racconta: barche che arrivano senza essere registrate, uomini che scaricano casse di notte, e figure che spariscono senza lasciare traccia. Vernazza aveva visto, aveva annotato tutto. L’ho incontrato un paio di volte, mi aveva chiesto informazioni. Sospettava che dietro ci fosse molto di più di un traffico qualunque.»
Elisa sentì un brivido correre lungo la schiena. «E tu?»
«Io non ci sono dentro. Ma ho visto un ragazzo, Davide Salvi, aggirarsi da queste parti qualche settimana fa. Cercava risposte, proprio come voi. Non so cosa abbia trovato, ma non l’ho più rivisto.»
Un silenzio pesante cadde tra loro. Matteo si mosse inquieto, come se volesse scardinare quella coltre di ombre. «Quindi le sparizioni, Vernazza, Maltoni… tutto porta qui. Al porto.»
Le parole si fecero più dense dell’aria umida che li circondava. Elisa scambiò un’occhiata con Matteo: il cerchio si stava stringendo.
«Se vi porto dove dovete andare,» concluse Sorrentino con un filo di voce, «dovrete promettermi una cosa: se non torno indietro, dite a mia moglie che non ho taciuto per paura.»
Il vecchio pescatore li guidò in una rimessa semi-abbandonata accanto al porto, illuminata solo dalla luce fioca di una lampada a petrolio. L’odore di salsedine e catrame impregnava le travi di legno.
Elisa e Matteo rimasero in piedi, rigidi. Guido Sorrentino si sedette su una cassa, con il passo stanco di chi porta un peso troppo grande.
«E allora?» sbottò Elisa, incrociando le braccia. «Perché ci hai portati qui? Fino a prova contraria, tu sei l’ultimo che ha visto Vernazza vivo. E adesso salti fuori con la storia di segreti e sparizioni? Sembri sapere troppo.»
Sorrentino alzò lo sguardo, velato e duro. «Non sono io quello che dovete temere. Io ho visto, ho taciuto… e non ce la faccio più a tenere dentro certe cose.»
Matteo fece un passo avanti, serrando la mascella. «Comodo, eh? Restare zitto mentre la gente spariva. Dov’eri quando hanno trovato Vernazza sulla spiaggia? Ti sei limitato a dire che l’avevi visto qualche ora prima. E basta. Perché? Cosa nascondi?»
Il pescatore sbatté la mano callosa sulla cassa. «Non nascondo niente! Voi non sapete che aria tirava, quella notte. Vernazza era agitato, mi aveva detto che stava per scoperchiare un verminaio. L’ho accompagnato fino al vecchio molo, e da lì non l’ho più visto. Ma so che non è stato un incidente. Qualcuno l’ha fatto sparire, come hanno fatto con gli altri.»
Elisa strinse gli occhi. «Gli altri. Finalmente lo ammetti. Sai dei dispersi. Sai dove sono finiti?»
Un silenzio gravò per qualche secondo.
Sorrentino inspirò a fondo. «Non so dove siano adesso… ma so chi li portava via. E so da dove passavano.» Si voltò e indicò con il dito nodoso una direzione precisa: la scogliera che si allungava verso l’ex casa di riposo.
Matteo scosse la testa, incredulo. «Vuoi dire che il filo torna lì? Che tutto parte da quella struttura?»
Il vecchio annuì lentamente. «Ho visto barche attraccare di notte, scaricare casse che non contenevano pesce. E uomini che non erano di Monteriva. Vernazza stava seguendo quella pista. Per questo l’hanno fatto tacere.»
Elisa incalzò, con un tono tagliente: «E tu, Guido? Perché non hai parlato prima? Perché solo adesso? Non sarai stato complice?»
Il pescatore serrò i pugni, gli occhi lucidi. «Complice no. Codardo sì. Ho avuto paura. Ma adesso non posso più. Loro stanno ancora muovendo i fili, e se non li fermate voi… nessuno lo farà.»
Le parole restarono sospese nell’aria. Elisa e Matteo si scambiarono uno sguardo carico di tensione: non sapevano ancora se fidarsi, ma era chiaro che Sorrentino aveva appena scoperchiato un pezzo di verità.
Il silenzio del porto era rotto solo dal frangersi lento delle onde e dal cigolio delle corde tese contro i pali bagnati di salsedine. Elisa fissava Guido Sorrentino con uno sguardo che era una lama: voleva parole, non mezze frasi.
«Basta allusioni,» lo incalzò, la voce tagliente. «Se sai qualcosa, devi dirlo adesso. Non puoi continuare a giocare a rimpiattino. Chi c’è dietro?»
Sorrentino si passò una mano sulla fronte rugosa, come se il peso di ciò che stava per dire fosse più grande di lui. Gli occhi, velati da anni di segreti mai confessati, si posarono prima sull’acqua scura, poi su Elisa.
«Giovanni Marini,» mormorò infine, con un filo di voce che sembrò spegnersi nel vento.
Elisa si irrigidì. «Marini?» ripeté, incredula. «L’imprenditore? Le inchieste sul riciclaggio… pensavo fossero affari sporchi, certo, ma… non fino a questo punto.»
Sorrentino annuì piano. «È più di quello che pensi. Marini non solo ripuliva il denaro… lo faceva passare attraverso i cantieri, le cooperative, perfino le donazioni che finivano in parrocchia. Era lui che garantiva le coperture a Maltoni.».
«Maltoni…» continuò Sorrentino, la voce più roca, «era l’uomo che teneva tutto in piedi per Marini, faceva i collegamenti, gestiva i soldi. Ma era un uomo solo, e cominciava a tremare. Parlava di lasciare tutto, di andarsene… di raccontare. Non potevano permetterglielo. Così lo hanno eliminato. Per lui non c’era scampo: sapeva troppo e rischiava di far cadere tutti quelli sopra di lui. E quando Vernazza ha iniziato a scavare troppo a fondo…»
«…Hanno fatto sparire anche lui,» completò Elisa, il tono incrinato dall’amarezza.
Il vecchio pescatore abbassò lo sguardo, stringendo i pugni. «Io non ho prove scritte, commissaria. Ma ho visto abbastanza, ho sentito troppi sussurri sulle banchine. E so che Marini non era solo. Non avrebbe mai potuto orchestrare tutto senza complicità in alto… molto in alto.»
Matteo, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, fece un passo avanti. «Complicità… in parrocchia?» domandò con un lampo negli occhi.
Sorrentino non rispose subito. Inspirò profondamente, come se volesse trattenere ancora un tassello, rimandare l’inevitabile. Poi scosse la testa. «Non tutto, non ancora. Ma il nome che ti ho dato… quello è il primo filo da tirare. E quando lo tirerai, commissaria, vedrai che la tela è più grande di quanto immagini.»
Guido Sorrentino si alzò e rimase in piedi, appoggiato a una bitta arrugginita, osservando i due investigatori con un’aria grave.
«Vi ho detto chi tiene le fila,» cominciò «ma c’è di più. Giovanni Marini non si limita a finanziare o ripulire denaro. Teneva sotto controllo chiunque potesse rivelare qualcosa. Maltoni… sapeva troppo, e quando ha cominciato a vacillare… è stato eliminato.»
Elisa digrignò i denti. «Quindi Maltoni è stato ucciso perché stava per parlare?»
Sorrentino annuì. «Esatto. E non era solo un avvertimento per lui. La sorella, Lucia… la rete non poteva permettere che lei confermasse qualcosa. Così Marini ha fatto in modo che finisse alla Selva, considerata pazza per ciò che voleva confessare. In realtà conosceva tutto. Poteva distruggere la rete.»
Matteo si voltò verso Elisa, gli occhi lucidi di comprensione. «Aspetta… quindi tutto quello che ci ha detto Sorrentino dei movimenti, dei soldi, delle sparizioni… combacia con l’internamento di Lucia. Marini ha manipolato la realtà: minacciava Maltoni e faceva passare sua sorella per pazza, così che nessuno potesse ascoltarla. E questo collega la chiesa, i preti e Giulio Riva alla rete criminale.»
Elisa inspirò a fondo, sentendo finalmente il quadro prendere forma nella sua mente. «Ha messo in piedi un sistema perfetto. Tutti zitti, tutti spaventati. »
«Tutto si teneva insieme come un fragile filo: Marini orchestrava la rete, Maltoni gestiva soldi e coperture, la minaccia a sua sorella e la sua internamento zittivano chi poteva parlare, mentre la chiesa e i parroci fornivano una facciata rispettabile, e Giulio Riva diventava il tassello che collegava ogni pezzo del puzzle.» replicò Matteo
Sorrentino li guardò. «Ora sapete chi tirare fuori dal buio. Ma attenti… Marini non lascia tracce facili.»
Elisa strinse il blocco di appunti tra le mani, aveva bisogno di fermare, nero su bianco, ciò che avevano scoperto. Aveva bisogno di mantenere intatto il filo logico degli avvenimenti e i collegamenti di quella rete tanto complessa quanto spaventosamente funzionale.
Il vento del porto le sferzava il viso e le parole di Sorrentino continuavano a rimbombarle nella mente.
Matteo le passò accanto un braccio. «Dobbiamo capire chi ha premuto il grilletto,» disse Matteo, più per sé che per lei. «Vernazza… Maltoni…»
Elisa annuì. «Entrambi eliminati per impedire che parlassero. Ma chi materialmente? Non può essere stato Marini in persona.»
Matteo fece un passo avanti. «Un uomo di fiducia, probabilmente. Per Vernazza, uno che lo stava seguendo da settimane, un collaboratore interno della società di Maltoni. Per Francesco… qualcuno che lui stesso aveva assunto per i lavori più delicati. Ordini diretti da Marini, esecuzioni pulite, nessuna traccia.»
Elisa annotò rapidamente. «E le persone scomparse? Ci sono sopravvissuti?»
Il vecchio pescatore sospirò. «Alcune sono morte, purtroppo… altre sono state neutralizzate, isolate. Come Lucia, commissaria,» disse a Elisa con uno sguardo serio, «internata in una struttura psichiatrica perché le sue parole avrebbero potuto far crollare tutto. Altre… sono nascoste, protette o costrette al silenzio.»
Elisa strinse le mani, come se finalmente i pezzi del puzzle iniziassero a combaciare. «E i parroci?» chiese, il tono più morbido, quasi come se volesse difendere chi non aveva colpe.
Sorrentino scosse la testa. «Don Galli e Don Luciano non sapevano nulla. La rete di Marini ha usato la chiesa, le donazioni, le riunioni… tutto come facciata. Il culto, i riti… erano strumenti per giustificare spostamenti, coprire sparizioni e creare un’aura di mistero. Non c’era alcuna malizia da parte loro, solo… ignara partecipazione.»
Matteo guardò Elisa con gli occhi lucidi. «Quindi tutto torna. Maltoni ucciso perché avrebbe parlato. Vernazza eliminato perché scopriva troppo. Lucia internata per zittirla. E la chiesa… una copertura perfetta, usata come strumento di controllo.»
Elisa inspirò profondamente. «Il quadro è quasi completo… ma Marini resta l’ultimo tassello. E dobbiamo scoprire dove sono le altre persone, capire chi è vivo, chi non lo è, e assicurare che paghi per tutto.»
Il vento continuava a fischiare tra le corde dei pali, come un conto alla rovescia invisibile. Ma per la prima volta, Elisa sentì che la verità stava lentamente emergendo dalla nebbia.