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Le avventure di Mia
Capitolo 9
Era una mattina grigia, con l’aria ancora umida dopo la tempesta della sera precedente. Mia si stiracchiò, sentendo il profumo di terra bagnata arrivare oltre il verde. Quel richiamo era irresistibile.
Senza esitare, attraversò l’erba alta che separava il suo giardino dal mondo più vasto, quello dove aveva già vissuto tante avventure con Tobia e Robin.
Mentre percorreva il sentiero che portava verso la scuola, udì un miagolio rauco, debole, provenire da dietro una vecchia recinzione. Si fermò di colpo: riconosceva quel suono.
«Ombra?» chiamò con un filo di voce.
Dal buio sotto una tettoia arrugginita, emerse una figura magra e tremante. Il pelo di Ombra, un tempo lucido e dorato, era arruffato, e i suoi occhi avevano perso un po’ di luce. Mia si avvicinò lentamente, annusandolo. L’odore era strano, misto a pioggia e polvere, e il suo respiro corto la fece preoccupare.
«Devo avvisare Sofia» pensò.
Corse a perdifiato fino alla casa in fondo al sentiero, dove sapeva che la ragazza spesso passava il pomeriggio a leggere vicino alla finestra. Saltò sul davanzale e graffiò leggermente il vetro.
Sofia, vedendola agitata, capì che qualcosa non andava. «Mia, che succede?» chiese, aprendo la finestra. La gattina balzò giù e fece qualche passo, poi si voltò, come per dire: seguimi.
La ragazza la seguì oltre il verde, lungo il sentiero fangoso, fino alla tettoia. Quando vide Ombra, il cuore le si strinse.
«Povero piccolo… sei tutto bagnato e tremi come una foglia.»
Con movimenti lenti, Sofia si avvicinò, tendendo la mano. Ombra, seppur diffidente, si lasciò prendere, troppo debole per scappare. Sofia lo avvolse nella sua sciarpa e tornò verso casa, mentre Mia seguiva a poca distanza, vigile.
Il veterinario, chiamato in fretta, scoprì che Ombra aveva preso una forte influenza felina. «Se fosse rimasto fuori ancora un paio di giorni sotto questa pioggia…» disse con tono grave, lasciando in sospeso la frase.
Grazie alle cure e al riposo, Ombra cominciò lentamente a riprendersi. Non poteva restare a casa di Sofia per sempre, ma lei si impegnò a portargli cibo e medicine ogni giorno, finché non sarebbe stato di nuovo abbastanza forte da tornare libero.
Mia, seduta poco distante, lo osservava. Nonostante fosse un gatto di strada, lei sapeva che tra loro c’era un legame speciale.
Qualche tempo dopo, Ombra si era finalmente ripreso. Il pelo, un tempo arruffato e spento, ora brillava sotto il sole, e i suoi occhi gialli scintillavano di una vivacità nuova. Da qualche giorno aveva deciso di tornare a vivere all’aperto, ma non aveva dimenticato Mia.
Il suo passo era sicuro, il manto lucido e compatto: la malattia che lo aveva costretto a cercare riparo e cure era ormai solo un ricordo. Stava riprendendo la sua vita all’aperto, libera e un po’ selvaggia.
Mia, accucciata vicino alla vecchia staccionata, drizzò le orecchie appena lo vide sbucare dal fitto dei cespugli. Ombra portava qualcosa in bocca: una piccola piuma bianca, candida come una nuvola d’estate.
La depose davanti a lei, senza dire una parola, e la fissò con i suoi occhi gialli e profondi.
«Per me?» fece Mia, sorpresa.
Ombra si limitò a piegare leggermente la testa, come se sapesse che lei avrebbe capito. E in effetti Mia capì. Non era solo una piuma: era un dono, un ringraziamento.
Nei giorni seguenti, i regali continuarono ad arrivare. Una volta fu una noce perfettamente liscia, un’altra un rametto profumato di menta selvatica. Ogni volta Ombra compariva senza rumore, lasciava il dono e si allontanava di nuovo verso il misterioso mondo oltre il verde.
Mia cominciò a chiedersi cosa volesse dirle, e soprattutto… se un giorno avrebbe deciso di mostrarle i suoi posti segreti, dove raccoglieva tutte quelle cose meravigliose?
Una mattina, Ombra arrivò con un piccolo oggetto tra i denti: un nastrino rosso sfilacciato, lucido in alcune parti e sporco in altre. Non era come gli altri doni, piume o sassolini: c’era qualcosa di più prezioso.
Invece di lasciare il regalo davanti a Mia e andarsene come al solito, si sedette tranquillo e la fissò con quegli occhi gialli saggi. Era un invito silenzioso: seguimi, ti mostrerò qualcosa.
Mia, fiduciosa, lo seguì. Non c’era fretta: conosceva già il bosco oltre il giardino, ogni sentiero e ogni radura, ogni tronco caduto e cespuglio nascosto. Ombra avanzava lentamente, passo dopo passo, guidandola verso una radura ai margini del bosco che nascondeva un piccolo segreto.
Sotto un vecchio albero dalle radici nodose, c’era un nascondiglio naturale: un intreccio di radici e foglie che formava una specie di tana. Ombra vi entrò con delicatezza e, con un rapido sguardo verso Mia, la invitò a curiosare.
All’interno, Mia scoprì tutti i doni che Ombra le aveva portato: piume, sassolini levigati, nastrini, piccole foglie particolarmente profumate, persino un piccolo rametto intrecciato. Ombra aveva costruito lì il suo “scrigno segreto”, un luogo sicuro dove custodiva tutto ciò che riteneva speciale.
Mia si accoccolò accanto a lui e toccò piano i tesori. Capì che ogni oggetto raccontava una storia: il luogo da cui era stato preso, il momento in cui Ombra lo aveva trovato, e il gesto di voler condividere con lei una parte del suo mondo.
— Tutto questo è tuo, Ombra? — sussurrò Mia, con il naso che sfiorava il suo pelo.
Il vecchio gatto annuì lentamente.
Da quel giorno, Mia comprese ancora meglio quanto fosse speciale il suo legame con Ombra.