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La marea del silenzio
Capitolo 21
Matteo raccolse la scheda con cautela, il cuore sembrava impazzito.
«Lucia… era qui», mormorò, senza riuscire a staccare gli occhi dall’inchiostro blu.
Elisa si accostò, piegando la testa per leggere meglio. «E se fosse ancora viva?»
Matteo la guardò, esitante. «Questa data… risale a meno di un mese fa. Ma se è stata qui, dov’è finita?»
Un rumore secco, come un tonfo lontano, fece vibrare il pavimento sotto di loro. Elisa si irrigidì.
«Hai sentito?»
«Sì.» Matteo alzò la torcia, illuminando la parete alle loro spalle. Dietro un vecchio armadio scrostato, notò una lastra di legno incassata nel muro. Non un corridoio, ma qualcosa di più insolito: una botola verticale, sigillata da due chiavistelli arrugginiti.
«Non può essere una porta normale», disse Elisa. «Sembra… un passaggio per le scorte, o per nascondere qualcosa.»
Matteo sfiorò il legno. «O qualcuno.»
Ci vollero minuti per liberare i fermi. L’odore che ne uscì era acre, di umidità e ferro. Dentro, una scala stretta scendeva in diagonale, scavata nella pietra viva. Non portava a un seminterrato, ma a una cappella sotterranea: una di quelle stanze antiche che i canonici usavano nei secoli passati per la penitenza o la custodia di reliquie.
Sulle pareti, resti di pitture sbiadite e un vecchio inginocchiatoio ribaltato. Ma al centro, appoggiata contro un altare di marmo spaccato, c’era una sedia metallica con cinghie di cuoio.
Elisa si coprì la bocca. «Dio santo…»
Matteo abbassò la torcia. Sul pavimento, accanto alle cinghie, c’era un braccialetto d’argento con incisa una L.
«Lucia», sussurrò.
Per un momento nessuno parlò.
Il silenzio era così denso che si sentivano solo le gocce cadere dal soffitto, una dopo l’altra, scandendo il tempo come un battito lento.
Elisa si avvicinò al braccialetto, lo raccolse con due dita. L’argento era annerito, ma sul bordo interno, oltre all’iniziale, c’era un’incisione quasi invisibile: “Per L., con affetto – F.M.”
«Francesco Maltoni», disse piano.
Matteo si voltò di scatto. «Il fratello?»
«Sì. Lucia lo portava sempre. L’ho visto in una vecchia foto sul suo profilo, prima che sparisse.»
Lo sguardo di Elisa si spostò sulla sedia. «Qualcuno l’ha tenuta qui, Matteo. Ma perché nella canonica?»
Lui si inginocchiò, osservando le cinghie logore. «Per lo stesso motivo per cui Vernazza è stato ucciso, forse. Perché aveva scoperto troppo. Qui dentro succedeva qualcosa da anni… e la chiesa era la copertura perfetta.»
Un rumore li fece sobbalzare. Proveniva dal piano superiore: passi lenti, poi un colpo secco di porta. Elisa spense la torcia e indicò il muro.
Risalirono in silenzio, trattenendo il respiro.
Quando sbucarono nel locale dove avevano trovato la botola, una figura si stagliava davanti alla finestra. Era Marchi, il custode.
L’uomo aveva lo sguardo spento, le mani intrecciate dietro la schiena.
«Non dovreste essere qui», disse con voce roca.
«Lei lo sapeva, vero?» lo incalzò Elisa, puntandogli la torcia addosso. «Sapeva che qualcuno teneva Lucia qui sotto!»
Marchi non rispose. Guardò verso la botola, poi verso la porta, come cercando una via di fuga.
«Non era affar mio», mormorò infine. «Mi avevano detto di non scendere mai. Di non fare domande.»
«Chi gliel’ha detto?» domandò Matteo.
L’uomo esitò, il volto contratto. «Padre Luciano non c’entra. Lui… non sapeva. Ma c’era un altro. Veniva di notte. Dicevano fosse della diocesi, ma io non ho mai visto un tesserino.»
«Un nome?» insistette Elisa.
Marchi scosse la testa. «Solo un titolo. Lo chiamavano il delegato. Portava sempre dei fascicoli, li chiudeva a chiave nella stanza dietro la sacrestia. Una volta l’ho sentito dire che “la donna non doveva parlare”. Dopo non l’ho più vista.»
Elisa fece un passo avanti. «La donna era Lucia?»
Marchi abbassò lo sguardo. «Sì. Ma vi prego, non chiedetemi altro. Io me ne vado da qui. Non voglio sapere che fine ha fatto.»
Uscì in fretta, lasciando dietro di sé solo il cigolio della porta e il suono del vento che entrava dalle fessure.
Matteo fissò Elisa. «Il delegato. Forse è la chiave di tutto.»
Lei annuì. «E la diocesi il punto di partenza. Ma prima voglio capire chi, esattamente, ha avuto accesso a questa canonica.»
Fece un respiro profondo, stringendo il braccialetto nella mano.
«Lucia è ancora là fuori. E qualcuno ha paura che la troviamo.»