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Le avventure di Mia
Capitolo 10
Con l’arrivo della bella stagione, l’aria si riempì di profumi freschi: fiori di campo, erba appena tagliata, dolci appena sfornati che uscivano dalle cucine delle case intorno al parco vicino alla scuola.
Mia, curiosa come sempre, seguì un gruppo di persone che portavano ceste colorate e addobbi. Giunta al grande prato, vide che il parco si stava trasformando in un luogo magico: nastri appesi agli alberi, tavoli pieni di frutta, pane e formaggi, e bambini che correvano ridendo. Gli animali del quartiere non erano esclusi: c’erano ciotole piene d’acqua fresca e bocconcini preparati apposta per loro.
Tobia fu il primo a trovarla. Con la coda che scodinzolava come una bandiera al vento, corse verso Mia e la salutò con un piccolo abbaio felice. Poco dopo arrivò anche Robin, che cinguettando si posò su un ramo vicino, pronto a non perdersi neanche un momento della festa.
— Guarda, Mia! — abbaiò Tobia. — Hanno preparato una gara di corsa per cani… e uno stand pieno di biscotti!
Mia rise tra sé. Lei non era interessata a correre come i cani, ma si accorse che alcuni bambini la stavano osservando con occhi curiosi. Uno di loro si avvicinò piano e, dopo essersi accovacciato, tese la mano con un pezzettino di prosciutto. Mia si lasciò avvicinare, e ben presto si ritrovò circondata da carezze e coccole.
Intanto, Ombra, che nonostante l’età non voleva mancare, osservava tutto da sotto un cespuglio. Non amava troppo la confusione, ma vedere Mia così felice gli scaldava il cuore. Ogni tanto si avvicinava a un tavolo, riuscendo a rubacchiare una briciola di pane o un pezzetto di formaggio che cadeva a terra.
La festa si animò sempre di più: giochi per i bambini, balli allegri, aquiloni colorati che volavano alti nel cielo. E mentre il sole cominciava a calare, un gruppo di musicisti iniziò a suonare: violini, tamburi e flauti.
Mia si sdraiò accanto a Tobia e Ombra, stanca ma felice. Guardava i bambini correre, gli aquiloni fluttuare e il cielo tingersi di arancio e rosa. In quel momento sentì che il parco non era solo un luogo dove giocare: era una grande casa condivisa da tutti, umani e animali, legati da una gioia semplice e profonda.
Quando la musica si fece più lenta e le lanterne di carta vennero accese sugli alberi, Mia socchiuse gli occhi e pensò che quella era stata davvero la sua prima vera festa. Una festa di primavera che non avrebbe mai dimenticato.
Il giorno dopo la festa, Mia si svegliò con ancora negli occhi i colori delle lanterne e nelle orecchie la musica allegra. Decise che non poteva restare ferma: aveva troppa voglia di esplorare.
Così, passando attraverso la solita breccia nella siepe, si ritrovò in una stradina che portava verso il centro del quartiere. Lì c’era fermento: le bancarelle del mercato erano state montate, e ovunque regnava un chiacchiericcio vivace.
Mia avanzava tra la gente con la sua solita grazia felpata. Profumi deliziosi la circondavano: pane appena sfornato, pesce fresco, frutta dolce che brillava al sole come pietre preziose. Alcuni venditori la riconobbero subito.
— Ma guarda chi c’è! — rise il pescivendolo. — La piccola esploratrice!
Le porse un pezzettino di pesce, e Mia lo accettò con un miagolio soddisfatto. Poco più avanti, una signora che vendeva verdure la accarezzò dolcemente, come se fosse ormai una mascotte del quartiere.
Tobia arrivò di corsa poco dopo, scodinzolando e annusando ogni cosa, mentre Robin volteggiava sopra le bancarelle, attento a non lasciarsi sfuggire nemmeno una briciola di pane.
Il momento più divertente fu quando una banda improvvisata di ragazzi iniziò a suonare tamburi e chitarre proprio in mezzo al mercato. Alcuni bambini presero a ballare, e persino Tobia si mise a correre in cerchio, contagiato dall’allegria.
Mia, invece, si arrampicò su un muretto vicino, da dove poteva osservare la scena dall’alto.
Quando il sole cominciò a calare, Mia tornò verso casa con il cuore leggero e la pancia piena.
Un paio di giorni dopo il mercato, Mia decise di seguire Sofia, che portava con sé una borsa piena di libri. La bambina percorse la strada fino a un edificio con grandi finestre e porte di legno scuro: la biblioteca del quartiere.
Mia, incuriosita, la seguì senza farsi notare. All’interno trovò un ambiente silenzioso e accogliente, con scaffali alti pieni di volumi colorati. L’odore della carta antica e quello dei libri nuovi si mescolavano in un profumo unico.
La gattina si aggirava piano, le zampette non facevano rumore sul pavimento lucido. Alcuni bambini seduti su tappeti colorati la notarono subito.
— Guarda! Una gattina! — sussurrò uno di loro, battendo le mani piano per non disturbare.
Mia si lasciò accarezzare e, quando la bibliotecaria arrivò, non fu affatto contrariata. Anzi, sorrise.
— Ogni biblioteca ha bisogno di un gatto custode, — disse con dolcezza. — Benvenuta, piccola esploratrice.
Mia si accucciò vicino ai bambini, mentre un volontario iniziava a leggere una storia ad alta voce, e Mia, con gli occhi socchiusi, sembrava ascoltare con attenzione. Ogni tanto Robin, che si era posato sul davanzale, cinguettava come se commentasse il racconto, facendo ridere tutti.
Tobia arrivò un po’ in ritardo, infilandosi goffamente dalla porta che si era rimasta aperta. Si sdraiò accanto ai bambini, felice di ricevere qualche carezza. La scena era talmente serena che persino Ombra, che di solito preferiva osservare da lontano, si avvicinò a una finestra per dare un’occhiata.
Quando la lettura finì, i bambini si misero a disegnare i personaggi della storia. Una bambina fece un ritratto di Mia con grandi occhi luminosi, e le mostrò orgogliosa il foglio. La gattina rispose con un piccolo miagolio, come a dire “grazie”.
Alla fine della giornata, mentre Sofia prendeva in prestito nuovi libri, Mia uscì dalla biblioteca con la sensazione di aver scoperto un altro posto speciale del quartiere: un luogo dove le parole e le storie si intrecciavano con il calore umano.