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L'invito misterioso

Parte quarta

«Ho avuto un incidente con la slitta che non vuole ripartire» ammise Babbo Natale. «Ho già avvisato la centrale degli elfi, ma le mie renne e io avremmo bisogno di un riparo per la notte.»

Franco sbuffò, ma non era il tipo da negare aiuto a chi si trovava in difficoltà.
Accompagnò le renne nella stalla, offrì loro fieno e acqua, poi tornò in casa e preparò un pasto caldo per Babbo Natale.

La cena trascorse in un silenzio pesante, rotto solo dallo scoppiettio del camino.
Babbo Natale non forzò la conversazione: conosceva bene le ferite che il tempo aveva lasciato nell’uomo.

Dopo cena, Franco uscì per andare a tagliare la legna.

Babbo Natale ne approfittò per fare una telefonata importante.
Estrasse un piccolo dispositivo argentato, che sembrava un vecchio orologio a tasca.

«Ciao Alabastro, qui procede tutto secondo i piani. Sei riuscito a fare quanto ti ho chiesto?»

All’altro capo, la voce squillante di un elfo rispose:
«Ciao Babbo Natale! Tutto sotto controllo! L’elfo Splendente sta coordinando le operazioni, Pepe si occupa di… beh, di tu sai cosa, e Caramella sta consegnando il tuo messaggio. Tutto procede senza intoppi!»

Babbo Natale annuì, soddisfatto.
«Molto bene, caro Alabastro. Ah, e ringrazia Filoneo per la bufera!»

«Dice che così sembrava più veritiero!» rise l’elfo, poi chiuse la comunicazione.

Quando Franco tornò, portando con sé una bracciata di legna, borbottò qualcosa sul freddo e indicò a Babbo Natale la stanza dove avrebbe potuto dormire.

Prima di salutarlo, Babbo Natale estrasse dalla tasca una busta color avorio, rifinita d’oro, e gliela porse.
Sul retro c’era scritto il nome dell’uomo in elegante grafia, sigillato con ceralacca e il timbro del Villaggio di Babbo Natale.

«Non verrò» tagliò corto Franco, senza nemmeno aprirla.

«Come fai a dirlo, se non sai di cosa si tratta?» chiese Babbo Natale, con un sorriso indulgente.

«Perché so che ha a che fare col Natale. E io con il Natale ho chiuso.»

«D’accordo, come vuoi» rispose Babbo Natale, con un filo di amarezza.

Poi gli augurò la buonanotte.

Ma mentre si stendeva sul letto, decise una cosa: quella notte avrebbe dato a Franco il suo primo vero regalo — il calore dei ricordi.

Mentre Franco sistemava la cucina, i ricordi riaffiorarono come fiocchi di neve che si posano lenti sul cuore.
Vide se stesso bambino, addobbare l’albero con i fratelli.
Risentì le risate, il profumo dei biscotti, le mani di sua madre che gli aggiustavano la sciarpa.
Rivisse i Natali da ragazzo, le corse alla pista di pattinaggio, le luci, gli amici, la gioia semplice.

E per la prima volta dopo tanto tempo, Franco sentì qualcosa muoversi dentro di sé.
Un tepore dimenticato, una fiamma che si riaccendeva piano.

Quella notte, il cuore di Franco smise di essere freddo come il ghiaccio.