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La notte del vento e della neve
Seconda parte
Sabrina fissava l’orologio del salotto: le lancette sembravano ferme, ma non nel modo magico di cui aveva parlato papà. No, quella notte il tempo stava davvero passando, e Babbo Natale non era ancora arrivato.
Fuori, il vento soffiava sempre più forte. I fiocchi di neve cadevano fitti, coprendo le stradine di Lumia e trasformando il paese in un mare bianco silenzioso. L’illuminazione natalizia che il sindaco aveva tanto elogiato tremolava qua e là, come se anche le luci avessero freddo.
Sabrina, in piedi davanti alla finestra, cercava nel cielo un bagliore, una scia luminosa, qualsiasi segno della slitta di Babbo Natale. Nulla. Solo neve, e vento, e quell’oscurità che sembrava voler cancellare ogni speranza.
«Papà,» disse infine, con voce preoccupata, «temo che sia accaduto qualcosa a Babbo Natale. Non ha mai fatto tardi!»
Carlo abbassò lentamente il giornale. L’orologio segnava le dodici e venti. Era vero: Babbo Natale, secondo la tradizione di casa loro, non si era mai fatto aspettare così tanto.
Marta e lui si scambiarono uno sguardo. Non volevano alimentare la paura della bambina, ma sapevano che a volte, dietro le storie, si nascondono piccole verità che meritano di essere ascoltate.
«Forse…» azzardò Marta, cercando un sorriso, «forse quest’anno c’è così tanta neve che perfino le renne fanno fatica a trovare la strada.»
Sabrina non sembrava convinta. Si strinse nel suo maglione rosso, quello con le renne ricamate che la nonna le aveva fatto a mano, e guardò ancora fuori. «Ma Rudolph ha il naso luminoso! Dovrebbe riuscire a vedere anche nella bufera!»
Carlo si alzò dalla poltrona e le si avvicinò. «Hai ragione, piccola mia. Eppure, se Babbo Natale non è arrivato, qualcosa deve essere successo davvero. Potrebbe aver bisogno d’aiuto.»
Sabrina lo guardò stupita. «Aiuto? Da noi?»
«Perché no?» rise piano Carlo. «Il Natale serve anche a questo: ad aiutarsi. Forse Babbo Natale ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a ritrovare la strada per Lumia.»
Marta incrociò le braccia, finta severa. «Carlo, non vorrai davvero…»
Ma lui annuì, già infilando la giacca pesante. «Sì, Marta. Andiamo a vedere se al municipio c’è ancora luce. Il sindaco, con tutte le sue luminarie, saprà certo qualcosa. Magari hanno notato qualcosa nel cielo.»
Marta sospirò, ma poi prese cappotto, sciarpa e guanti. Non poteva dire di no: in fondo, un pizzico di avventura nella notte di Natale non poteva che fare bene a tutti.
Sabrina corse a prendere il suo berretto con il pompon e infilò gli stivali. «Vengo anch’io!»
«Certo che vieni,» disse Carlo. «Babbo Natale non si lascia nei guai.»
Appena aprirono la porta, una folata gelida entrò in casa. Il vento sembrava tagliare la pelle, e i fiocchi di neve, illuminati dai lampioni, danzavano impazziti nell’aria. Le vie del paese erano deserte, ma i fili di luci colorate che attraversavano le strade tremolavano come stelle in difficoltà.
Camminarono tenendosi per mano: prima Carlo, poi Sabrina al centro e Marta accanto a lei. I loro passi lasciavano impronte profonde sulla neve fresca.
Dal camino delle case saliva ancora qualche filo di fumo; si intravedevano luci calde dietro le tende, famiglie raccolte intorno al fuoco, ignare che, proprio in quel momento, una bambina stava partendo alla ricerca di Babbo Natale.
Il municipio di Lumia non era lontano. Si trovava proprio al centro del paese, accanto alla piccola chiesa. Le statue del presepe allestito sul sagrato sembravano fissarli con espressioni stupite mentre attraversavano la piazza.
«Guarda, papà,» sussurrò Sabrina, «il Bambin Gesù è coperto di neve…»
Carlo si chinò a scuoterla via delicatamente. «Ecco fatto. Anche lui dev’essere un po’ infreddolito, stasera.»
Quando arrivarono davanti alla casa del sindaco, le luci erano ancora accese. Dalle finestre filtrava un bagliore caldo, e si udivano delle voci.
«Bene,» disse Carlo, «pare che qualcuno sia ancora sveglio.»
Bussò.
Per un attimo non accadde nulla, poi si sentirono dei passi e la porta si aprì di colpo, lasciando uscire una ventata di aria calda e profumo di cioccolata.
Il sindaco, un uomo robusto con i baffi bianchi e un maglione color panna, apparve sulla soglia. «Carlo? Marta? E questa giovanotta? Ma cosa ci fate in giro a quest’ora?»
«Ci scusi, signor sindaco,» rispose Carlo, togliendosi il cappello. «Sabrina è un po’ preoccupata. Dice che Babbo Natale non è ancora passato.»
Il sindaco aggrottò la fronte, fingendo di riflettere. «Davvero? Strano, con tutte queste luci pensavo che Lumia si vedesse perfino dalla luna.»
Sabrina fece un passo avanti. «Forse la neve gli ha fatto sbagliare strada di nuovo! Papà dice che l’anno scorso la slitta si era persa tra i boschi.»
Il sindaco la guardò con dolcezza. «Hai ragione, piccola. L’anno scorso fu un guaio. Ma stavolta…» si interruppe, guardando fuori dalla finestra. Il vento soffiava più forte e la bufera stava peggiorando.
«Forse è meglio che io controlli qualcosa,» mormorò. Si avvicinò al telefono e compose un numero. Parlò a bassa voce per qualche istante, poi tornò da loro. «Ho avvisato la protezione civile. C’è una squadra in servizio anche stanotte, per monitorare la neve. Non si sa mai, magari vedranno qualcosa in cielo.»
Sabrina lo guardava piena di speranza. «Posso venire anch’io, signor sindaco? Se lo vediamo, magari possiamo segnalargli la strada!»
Il sindaco rise, ma non con ironia: con la tenerezza di chi, almeno per una notte, vuole credere davvero nella magia. «Beh… forse possiamo accendere qualcosa di più visibile, eh? Che ne dite?»
Carlo sorrise. «Un faro, o un falò?»
«Meglio ancora,» disse il sindaco, già infilando la sciarpa. «La grande stella luminosa in cima alla torre del municipio. Non la accendiamo da anni, ma credo che stanotte meriti di tornare a splendere.»
Sabrina spalancò gli occhi. «Davvero?»
«Davvero,» confermò lui. «E magari, se Babbo Natale è lì fuori, saprà dove venire.»
Salirono insieme sulla piccola terrazza del municipio. Il vento era fortissimo, ma dal punto più alto del paese si vedevano i tetti, le vie innevate e il mare di boschi che circondava Lumia. Il sindaco collegò un vecchio interruttore, e con un clic la stella sulla torre si accese, grande e dorata, illuminando tutto il cielo.
Per un istante, il paese sembrò svegliarsi. Le luci dei balconi si rifletterono sulla neve, e persino il presepe ai piedi della chiesa parve brillare di più.
Sabrina restò immobile, con la neve che le si posava sui capelli. «Vedrà la luce, vero papà?»
«La vedrà, tesoro,» rispose Carlo, stringendola tra le braccia. «E se non la vedrà… saremo noi ad andargli incontro.»
Marta sorrise, anche se, dentro di sé, avvertiva una strana inquietudine. Il vento soffiava da nord, e in lontananza, tra i boschi, qualcosa sembrava muoversi.
Ma non disse nulla. Si limitò a guardare quella piccola luce dorata che ora brillava nel cielo, sperando che bastasse a guidare la magia di Babbo Natale fino a loro.