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Il voto che non tornò 

Quarta parte

La voce delle sparizioni cominciò a diffondersi oltre Montefreddo.
Prima nei paesi vicini, poi nelle città più grandi.
Un’eco inquietante che viaggiava veloce, mescolando paura e curiosità.

Nel giro di pochi giorni, la tranquillità del paese fu spazzata via dal suono di sirene e lampeggianti blu.
Davanti alla vecchia scuola che un tempo era stata seggio elettorale, si radunarono giornalisti, fotografi, e curiosi venuti da ogni parte.

Le telecamere si accesero, i microfoni si alzarono.

“Signor Sindaco, è vero che ci sono state sparizioni misteriose?”
“Può dirci qualcosa di più?”

Il sindaco, stanco e con le occhiaie scavate, si fermò davanti al cancello.
Dietro di lui, la scuola abbandonata sembrava guardare tutti in silenzio.

“Sì,” disse lentamente. “Ci sono state alcune sparizioni inspiegabili. Ma stiamo facendo tutto il possibile per capire cosa sta succedendo. La polizia è qui per aiutarci.”

Accanto a lui, un uomo in divisa fece un passo avanti.
Era il commissario Rossi.
Lo sguardo fermo, il tono calmo.

“Siamo stati informati delle sparizioni e abbiamo avviato un’indagine ufficiale,” disse.
“Chiediamo alla popolazione di mantenere la calma. Ogni piccolo dettaglio può essere importante.”

“Commissario, avete già qualche ipotesi?” chiese un giornalista.

“Per ora stiamo esplorando tutte le possibilità. È troppo presto per trarre conclusioni.”

Dietro le telecamere, la gente si accalcava.
Le voci si sovrapponevano, le domande si moltiplicavano.

Una giornalista si avvicinò a Caterina, l’amica di Marta.

“Ci può dire qualcosa su di lei?”

Caterina, gli occhi rossi, parlò a fatica.

“Era una persona buona. Non avrebbe mai lasciato Montefreddo senza avvisare nessuno. Qualcosa di terribile deve essere successo.”

“Crede che ci sia qualcosa di soprannaturale?”

“Non lo so,” sussurrò. “Ormai… non so più cosa pensare.”

Poco più in là, Marco osservava la scena.

“Signor Sindaco,” disse sottovoce, “dobbiamo fermare questo circo mediatico. La gente ha paura. E più ne parlano, peggio è.”

Il sindaco annuì.

“Hai ragione. Dobbiamo concentrarci sulla ricerca, non sulle telecamere.”

Nel frattempo, la polizia aveva preso il controllo dell’edificio.
Gli agenti si muovevano con le torce accese, perlustrando ogni angolo, ogni muro scrostato.
Il commissario Rossi li seguiva da vicino.

“Controllate le fondamenta,” ordinò. “E il pavimento della sala. Potrebbe esserci un accesso nascosto.”

Dopo un’ora di ricerche, una voce ruppe il silenzio.

“Commissario! Qui sotto!”

Rossi si avvicinò.
Uno degli agenti stava sollevando un vecchio pannello di legno, proprio sotto il tavolo al centro della stanza.

Sotto c’era un buco nero nel pavimento. Una scala di pietra scendeva nel buio.

“Un passaggio segreto,” mormorò il sindaco, spalancando gli occhi.

“Procederemo con cautela,” disse Rossi, mentre due agenti preparavano le corde e le torce. “Non sappiamo dove porta.”

La notizia si diffuse in un lampo.
Fuori, la folla tratteneva il respiro.

“Finalmente, una pista!” esclamò Giovanni.
“Preghiamo che porti a qualcosa di buono,” sussurrò Anna.

Gli agenti scesero lentamente per la scala umida e stretta.
Il buio sembrava inghiottirli uno alla volta.

Dopo diversi metri, raggiunsero una sala sotterranea.
Le pareti di pietra grezza erano coperte di muschio e di incisioni.
Qualcuno aveva acceso torce antiche lungo le mura.

“Commissario,” disse un agente, indicando una parete, “guardate questi simboli. Sembrano iscrizioni… forse latine.”

Rossi si chinò per osservare.

“Interessante… ma cosa ci faceva un luogo del genere sotto una scuola?”

Un altro agente aprì un baule di legno trovato in un angolo.
All’interno, polvere, vecchi documenti, e oggetti che nessuno avrebbe voluto toccare: maschere rituali, candele consumate, e una fotografia in bianco e nero.

Rossi la sollevò.
Mostrava un gruppo di persone in abiti cerimoniali, i volti coperti da maschere identiche a quelle nel baule.

“Sembra… una setta,” mormorò uno degli agenti.

“Forse,” rispose Rossi. “Ma cosa lega tutto questo alle sparizioni?”

Un rumore improvviso li fece voltare.
Passi lenti, provenienti dalla scala.

Rossi puntò la torcia verso l’ingresso.

“Chi è là?”

Nessuna risposta.
Solo un’ombra, ferma, sulla soglia.

“Chi siete?” gridò Rossi. “Mostratevi!”

L’ombra fece un passo avanti.
E per un istante, le torce tremolarono tutte insieme, come se qualcosa — o qualcuno — avesse disturbato la luce.